Propaganda: guida per cittadini forti

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La propaganda è una cosa seria.

Ha a che fare con la comunicazione, con ciò che si comunica, ma soprattutto con COME si comunica.

Dall’enciclopedia Treccani:

Azione che tende a influire sull’opinione pubblica e i mezzi con cui viene svolta.

È un tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti di chi lo mette in atto.

La p. utilizza tecniche comunicative che […] implicano un certo grado di occultamento, manipolazione, selettività rispetto alla verità.

I messaggi possono arrivare a implicare diversi gradi di coercizione o di minaccia, possono far leva sulla paura o appellarsi ad aspirazioni positive.

I mezzi cui ricorre la p. sono tutti quelli atti a provocare emozioni intense, anche se non immediatamente apparenti, ma durature, quali la creazione di slogan ripetuti costantemente dalla radio, televisione, stampa, manifesti ecc…”.

Diversi aspetti mi colpiscono di questa definizione. Ma prima di partire a parlarne, è bene fare una piccola premessa:

NESSUNO DI NOI E’ IMMUNE DALLA PROPAGANDA.

In psicologia della comunicazione persuasiva si parla del cosiddetto “effetto terza persona”: si tratta della tendenza a credere che i mezzi di comunicazione di massa influenzeranno di più gli altri che noi stessi.

Il punto è proprio questo: tutti noi siamo potenziali vittime della propaganda, e siamo vulnerabili ai suoi effetti. Più cerchiamo di essere consapevoli dei nostri punti deboli, degli argomenti, dei messaggi e delle emozioni verso cui siamo solitamente più sensibili, più possiamo essere cittadini forti e resistenti alla propaganda.

Sembra un paradosso, ma è così, ed è così anche in ambito clinico: più una persona fa sforzi enormi per dimostrare a Sé e agli altri di essere forte, invulnerabile e “tutto d’un pezzo”, meno può essere consapevole dei propri punti “ciechi” o difficili.

La strada per la forza passa dalla debolezza. Vale nello studio, come davanti alla televisione, alla radio, e allo schermo del proprio computer o smartphone.

Cosa c’entra questa premessa con la gestione della propaganda?

Ho notato che una delle cose più difficili da fare, quando ci troviamo di fronte ad una comunicazione di massa, che sia pubblicitaria, politica, sociale, ecc.. , è quella di distanziarsi dalla propria opinione. Cosa intendo? Lo spiego subito: la tendenza, e la tentazione, è quella di andare a cercare informazioni che confermino la nostra idea originaria. E il più delle volte non ce ne rendiamo neanche conto. Lo facciamo inconsapevolmente, quasi come andare davanti al frigo e dimenticarsi perché abbiamo aperto lo sportello. E’ più forte di noi, però lo facciamo, ed è importante esserne consapevoli.

Perché?

Perché più che vado alla ricerca della conferma della mia idea, meno possibilità ho di cercare informazioni alternative, diverse, controcorrente, inaspettate, curiose…

Credo che la ricerca della conferma, anziché della disconferma, abbia a che fare col bisogno, umano, di avere punti fermi, stabili. Di avere sicurezze, certezze. Di poter dire: io lo so come vanno veramente le cose, non mi fregherete mai!!!

Perché è importante fare così?

Perché ci placa dall’ansia dello sconosciuto, della possibilità di non sapere le cose. Abbiamo bisogno di sistemarcele dentro in qualche modo, e uno dei modi più efficaci per farlo è andare alla ricerca di punti a vantaggio della nostra tesi. Poco importa se questo mi fa perdere altre informazioni, che potenzialmente potrebbero far spostare la mia opinione sulla faccenda, ma che allo stesso tempo potrebbero arricchire la mia esperienza.

Uno dei rischi che si corre, facendo così, è anche questo: di vedere il mondo in bianco e nero, in buoni e cattivi.

E’ un modo molto semplice di leggere la realtà, è tanto semplice quanto utile a placare l’ansia del non sapere. Tuttavia l’esperienza clinica e professionale mi suggerisce che funziona poco sul lungo periodo. Non mi aiuta a vedere le diverse sfumature del reale. E più che uso il bianco e nero, e più che ne ho bisogno. Non posso più farne a meno. Facendomi però rimanere diversi passi indietro rispetto ad una comprensione maggiore dei fenomeni che mi ruotano attorno.

Diciamolo chiaramente: ognuno è libero di vivere come vuole, pur rispettando l’altro. E se per quella persona vedere il mondo in bianco e nero funziona, perché togliergli questa possibilità?

L’importante è, io credo, rendersi conto che il bianco e nero è un modo di leggere la realtà, uno dei tanti, NON è la realtà.

Perché è importante, secondo me, rendersene conto? Perché se non me ne rendo conto, aumento di tanto il rischio che mi venga a mancare uno dei presupposti già menzionati, che hanno a che fare con la convivenza civile: “pur rispettando l’altro”.

Se io vedo il mondo in bianco e nero, distinguendo nettamente il bene e il male, i buoni contro i cattivi, i giusti contro i corrotti, ecc…,  sarà molto difficile che riesca a vedere e comprendere le ragioni dell’altro, a coglierne le sfumature, le zone d’ombra e di luce, i punti addirittura in comune….e viceversa!!! Come possiamo dunque rispettarci l’un l’altro partendo da queste premesse?

E’ uno sforzo enorme, lo so, quello di andare alla ricerca di opinioni contrarie alle proprie. Non che sia necessario mettersi in discussione sempre e comunque per rispettare l’altro, ma quanto meno darsi la possibilità di esplorare nuovi territori può farmi partire da una posizione in cui diverse opinioni possono coesistere.

Ma proviamo a pensarla da un altro punto di vista: quanto può essere liberatorio il permettersi di dire, a sé e agli altri, NON LO SO!!!

Dovremmo fare una bella cura di NON LO SO!

Certo, è importante avere una opinione propria, non sempre ci troviamo in situazioni in cui si può dire di non sapere. Si può sapere, ma con la consapevolezza che questo sapere è modificabile, in divenire, magari addirittura scorretto e che modificare la propria opinione originale può anche non essere la fine del mondo.

Diamoci fiducia…

Quando ascoltiamo qualche messaggio che ci attiva emotivamente tanto, chiediamoci perché.

Facciamolo questo sforzo!

 

LETTURE CONSIGLIATE:

  • L’età della propaganda. Usi e abusi quotidiani della persuasione“, di Aronson e Pratkanis, edito da Il Mulino

Questo libro, letto ormai diversi anni fa all’università, ha contribuito molto a farmi appassionare dei temi del marketing e della psicologia applicata alla pubblicità e alla comunicazione persuasiva di massa. Ricco di spunti pratici, consigli, e ricerche scientifiche di settore, è una vera palestra per la propria resistenza alla propaganda!

 

Dott. Stefano Giusti – Psicologo

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